Donne nella Grande Guerra by unknow

Donne nella Grande Guerra by unknow

autore:unknow
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815317100
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


La pietà, dunque, non come elemento esterno e antagonista alle stragi, ma come filone di luce all’interno delle macerie e delle tenebre.

Mai la guerra arse così feroce, mai come ora fu vasta la strage. Mai come ora anche fu vasta la pietà destinata a soccorrerla e in parte a lenirla. È tutto un esercito femminile, tutta una milizia che si è alzata accanto all’altra: la milizia della vita accanto a quella della morte.

Ecco la conclusione esistenziale cui è arrivata Sarfatti. La guerra esiste; è sempre esistita nella storia dell’umanità. Fare «guerra alla guerra» è impossibile, ma forse, se non la si può annullare, la si può temperare tenendo davanti agli occhi la visione simbolica dell’eterna Antigone (va notato che oltre mezzo secolo dopo Antigone diventerà per altre strade il mito di riferimento del femminismo militante).

Quando La milizia femminile in Francia fu pubblicato in Italia, pochi mesi dopo il ritorno di Margherita, l’opinione pubblica lo interpretò come una svolta politica. I tedeschi presentati come nemici, l’eroica militanza nella Francia in armi… erano tutti elementi già abbastanza espliciti. Sarfatti si stava allontanando dal neutralismo del partito.

Ma il partito si dimostrò «distratto» e non la scacciò dalle sue file. L’occasione capitò invece a guerra già dichiarata quando Margherita, chiamata a commemorare Edith Cavel, l’infermiera britannica giustiziata in Belgio dai tedeschi con l’accusa di spionaggio, usò vibranti e inusitati toni accusatori nei confronti degli invasori tedeschi, fino a dichiararsi esplicitamente a favore di una «guerra che non abbiamo voluto ma che bisogna combattere, ora, fino all’ultimo uomo». A quel punto il partito non poté non prendere atto di questa «dichiarazione d’intenti» e la espulse ufficialmente.

I socialisti, almeno nel loro nucleo caratterizzato da uno stretto legame tra dirigenti e base, continuavano infatti a essere saldamente ancorati alla pregiudiziale pacifista. Quando era scoppiata la guerra avevano sostituito la formula della neutralità con la più pertinente «Né aderire né sabotare», ma il concetto di base dei «duri e puri» del partito restava sempre lo stesso: «La vera guerra è quella di classe e le altre sono una malattia del capitalismo». «Lasciate che la borghesia faccia la sua guerra» scriveva nel periodo bellico l’«Avanti!» in uno dei suoi fondi.

Ma anche nella realtà del paese le folle plaudenti e festanti che inneggiavano alla guerra non rappresentavano la maggioranza: era solo che gli interventisti avevano i mezzi e la capacità di dare enorme eco alla propria voce, anche perché dalla loro parte si era schierata una moltitudine di artisti, intellettuali e leader carismatici, con un grintoso Mussolini in prima posizione. Ed era proprio a questa élite che ormai Margherita pensava di appartenere, fino al punto di correre il rischio di subire l’espulsione dal partito: la quale, come si è visto, era poi puntualmente arrivata.

Ma la guerra combattuta sui campi di battaglia era altra cosa rispetto alle esternazioni verbali. I futuristi e gli altri artisti amici di Margherita, che si erano arruolati in folte schiere, non sperimentarono la vagheggiata grande fiammata purificatrice della storia, bensì il fango e il freddo delle trincee.



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